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27/07/2011 | Diario del Lavoro | Sindacato

Scudiere, Cgil, ci sono limiti che non è dato superare

La Cgil è preoccupata della deriva movimentista che sembra aver preso la Fiom. Lo ha detto Susanna Camusso nei giorni scorsi, lo ha ripetuto a Il diario del lavoro Vincenzo Scudiere, il segretario confederale con la delega alla contrattazione. A suo avviso l’unica via da percorrere è quella della contrattazione, tanto più dopo l’accordo interconfederale che potrebbe aiutare la Fiom. Pericoli di rotture, afferma, non ci sono, ma esistono dei limiti che non vanno superati.

Scudiere, è la prima volta che la Cgil vive una storia come quella di oggi con la Fiom?

Non abbiamo alle spalle esperienze in cui un sindacato si è trasformato in movimento. C’è stata una stagione in cui si parlava di sindacato movimento, ma c’erano le grandi lotte degli anni 70 alle spalle, ed era possibile perché c’era l’unità sindacale.

Ma la Cgil ha avuto rapporti forti con i movimenti?

Il rapporto con i movimenti è stato importante, ma la Cgil ha sempre mantenuto una distanza. Del resto, se non fosse stato così non avremmo dietro di noi una storia con più di cent’anni. E oggi siamo preoccupati che molti osservatori vedano in una nostra categoria una trasformazione palese in movimento, pensiamo che un sindacato deve mantenere le sue caratteristiche, definite nell’ambito delle sue prerogative e degli interessi che si vogliono rappresentare.

La Fiom ha un indubbio successo, mediatico e nella società.

Ha certamente un suo appeal. In un paese in cui la rappresentanza viene spesso messa in discussione è inevitabile che si possa trovare un consenso oltre le aspettative quando le contraddizioni tra capitale e lavoro, per usare vecchi termini, è così esasperato come nella vertenza con la Fiat. Quella vicenda ha spinto tutti a schierarsi e così possono esser nate tentazioni movimentiste fino all’illusione che quella via possa sostituire, in una fase difficile come quella che attraversiamo, la mediazione, gli accordi, e portare un’organizzazione a galleggiare. Se così fosse saremmo in presenza di una deriva movimentista che non auguro a nessuno, meno che mai a una nostra categoria.

Del resto la Fiom svolge sempre meno azione sindacale.

La Fiom è stata più esposta di altre categorie negli ultimi anni, con i rinnovi contrattuali e poi con la vertenza Fiat. Sarebbe utile in queste situazioni fermarsi a valutare quale potrebbe essere la via di uscita sindacale. Con la ex Bertone è stato fatto un grande atto di responsabilità, come con l’accordo interconfederale di fine giugno. Accordo questo che potrebbe aprire spazi anche alla Fiom per sfidare i propri interlocutori naturali e superare le divisioni e le contrapposizioni. Sarebbe questa la via alternativa al movimentismo.

Accordo interconfederale che peraltro la Fiom respinge.

E’ questa la cosa che ci preoccupa di più, che non si capisca che quell’accordo interviene sulle contraddizioni di cui la Fiom può essere vittima, che non si colga la possibilità insite in quell’accordo, che se ha un’alterità la ha proprio con l’idea del sindacato movimentista o addirittura antagonista.

E’ possibile che si arrivi a una rottura tra Cgil e Fiom?

Noi non puntiamo mai alla rottura, abbiamo una grande tradizione di dialettica. E la dialettica tra Fiom e Cgil può essere la prova del pluralismo dell’organizzazione. Non si capisce perché spesso si parli di antidemocraticità, quando c’è la prova vivente della vita democratica della Cgil.

Ma se la Fiom tira troppo la corda?

La corda non si tira mai troppo, ciascuno è consapevole e responsabile delle proprie azioni. La dialettica politica ha steccati e limiti che a nessuno è dato superare.

26/07/2011 | Diario del Lavoro | Sindacato

FIMO, Accornero, una deriva pericolosa, spero in un ravvedimento

Aris Accornero, professore emerito di sociologia industriale alla Sapienza di Roma, conosce bene il sindacato. Lo ha seguito negli anni bui, nel suo splendore, nelle difficoltà in cui si batte in questi anni. La metamorfosi che sta vivendo la Fiom, sempre più movimento, sempre meno sindacato, lo sconcerta. Vede un pericolo grave in questo cambiamento, teme che si possano verificare guai seri, ma non smette di sperare in quello che chiama un ravvedimento del gruppo dirigente della Fiom.

Accornero, si aspettava un cambiamento così radicale dalla Fiom?

La deriva della Fiom dura da anni. Il più grosso choc lo ho avuto nel 2007, quando bocciò l’accordo sul welfare firmato da Prodi, un vero sostegno alla riforma del mercato del lavoro, tra l’altro sostenuto dai lavoratori. Fu un segno allarmante, come il fatto che avesse iniziato a non firmare accordi. La Fiom è sempre stata l’avanguardia dell’organizzazione sindacale, non di un movimento sociale. Non aveva mai accampato una pretesa del genere. Adesso sembra difficile che ritrovi la strada sindacale, servirebbe che l’attuale gruppo dirigente avesse l’umiltà di ravvedersi.

Però la Fiom adesso ha un grande successo di consensi.

Sì, ma questo rafforza il convincimento che la Fiom fa parte di un movimento sociale, e questo non è accettabile in questa situazione disperata e disperante, con un governo non all’altezza e non accettabile. E’ comprensibile che in una situazione del genere la Fiom riscuota apprezzamento. Ma un movimento sociale non è la forma giusta di esprimersi per un sindacato.

Può indebolirsi la difesa dei diritti dei lavoratori?

Ne soffre il tipo di azione sindacale normalmente condotta da chi firma intese, raggiunge accordi. Il movimento sindacale può essere tutto meno che un movimento. Fa il suo mestiere confrontandosi con la sua controparte per cercare di raggiungere intese che cambino positivamente la condizione dei lavoratori. Il sindacato è questo, non altro. Questo fuorviamento dell’azione sindacale può portare grosse delusioni. E’ difficile pensare che il futuro del sindacato sia quello cui allude la Fiom.

La via giudiziaria prova questo cambiamento?

Sì, la scelta di privilegiare la soluzione giudiziaria a quella contrattuale indica un forte cambiamento del modo di fare sindacato. Si comincia a trattare con l’occhio non ai contenuti della trattativa, ma allo stato dei diritti da difendere. I diritti hanno una loro storicità, dalla quale non si può prescindere.

La battaglia dei diritti caratterizzò la stagione di Trentin.

Sì, il riferimento è esplicito. Ma l’azione sindacale è altro, i diritti devono essere salvaguardati da altre realtà. Il conflitto portato avanti dal sindacato deve essere quello che gli è proprio. Questo allontanamento dall’alveo sindacale della Fiom, e l’occupazione di un alveo politico, costituisce una grossa distorsione del modo di intendere il sindacato.

E’ possibile che si arrivi a una rottura tra Fiom e Cgil?

Io spero non accada, che non ci sia una rottura vera e propria, ma il rischio esiste. Comunque non è la Cgil che deve evitare lo strappo, è la Fiom che deve riflettere, altrimenti sono rischi per tutti.

E’ possibile un futuro politico per la Fiom o per Maurizio Landini?

Non lo so. Spero che nessuno lo voglia. Certo, il modo di Landini di condurre l’organizzazione è tale da suscitare dubbi e apprensioni.

Qualcuno dice che è stata la condotta di Sergio Marchionne a spingere la Fiom in questa direzione.

La deriva Fiom è iniziata ben prima che la Fiat sconvolgesse le relazioni industriali. Semmai è possibile che lui abbia approfittato dell’occasione offerta da questo sindacato poco convinto della necessità di firmare intese, più attento al rispetto formale dei diritti. Adesso si deve negoziare il negoziabile, come è stato fatto con l’ultimo accordo interconfederale, un giusto veicolo per fronteggiare la crisi in cui ci troviamo.

Massimo Mascini

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