
Alla manifestazione a Roma contro il riarmo, mi è capitato di vedere l’immagine di una bambina sulle spalle di suo padre.
Ho pensato che è quello il posto giusto dove devono stare i bambini, non sotto le bombe, dove i genitori devono scavare tra le macerie per poter abbracciare i loro figli dilaniati.
Non dovrebbe servire una manifestazione per ricordarcelo, e invece sì. Perché mentre qui discutiamo di tattiche politiche e investimenti militari, altrove si muore davvero. I bambini muoiono davvero. Le famiglie vengono spezzate davvero. Tutto questo ci viene raccontato come una tragica necessità. Ma la guerra non è inevitabile: è una scelta. E se è una scelta, possiamo, dobbiamo, rifiutarla.
Essere oggi in piazza è un atto di coscienza. Un piccolo gesto, forse. Ma necessario. Perché ogni voce che si oppone al riarmo è una voce che protegge la vita, la dignità, l’infanzia.
Basta anche con le ambiguità. Non si può alzare una mano per stanziare fondi del PNRR alla produzione di armi e con l’altra sventolare la bandiera della pace. La pace non è un orpello da tirare fuori al bisogno politico del momento, per evitare di fare i conti in casa propria. È coerenza tra le parole e gli atti. È chiarezza.
La pace non è una parola vuota: è la responsabilità che abbiamo verso chi verrà dopo di noi. Sulle spalle di quel padre, oggi, c’era una bambina. Ma anche un futuro da difendere.
Stefano Santini (segretario generale Filctem-Cgil provincia di Livorno)