Direttivo Fisac Livorno. Il punto della situazione.

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La situazione complessiva degli elementi di crisi di questo nostro mondo, dell’Europa, del nostro paese e del nostro settore non è certo migliorata ma, anzi, peggiorata.
Fortunatamente, un elemento importante di cui ormai si è consapevoli a livello internazionale è che per poter superare la crisi è ormai necessario avviare degli investimenti pubblici importanti: all’inizio dello scorso mese, dall’analisi di alcuni dati e indicatori economici è emerso con chiarezza che c’è un calo del commercio a livello mondiale e che solo agendo con investimenti pubblici importanti si può cercare di dare nuovo impulso all’economia e, di conseguenza, al lavoro.
E questo impulso non sarebbe sicuramente solo fine a sè stesso, perché permetterebbe anche di arginare, di riflesso, tante altre criticità presenti a livello sociale: l’evidente crisi di democrazia presente in Europa che si interseca con la situazione dei migranti, per esempio, e che possono creare, insieme, una miscela esplosiva in parte sottovalutata. Quello che è successo a Gorino la scorsa settimana, con le barricate contro una dozzina di profughi, donne e bambini, oltre a suscitare profondo sdegno ci deve far riflettere proprio su questo.
Da queste considerazioni condividiamo l’impostazione del Governo Renzi, una delle poche cose che condividiamo per la verità, che ha aperto una discussione con l’Europa sulla flessibilità, per avere meno vincoli sulla spesa pubblica ma, allo stesso tempo, diciamo che esiste una spesa pubblica buona e una spesa pubblica cattiva. Togliere l’IMU sulle case di lusso è un intervento sulla spesa pubblica che poteva essere evitato, così come si doveva evitare un altro intervento sulla spesa pubblica, quello di dare 500 euro ai giovani, senza distinguere il figlio del miliardario dal figlio dell’operaio.
Anche il Jobs Act, per altro, sta dimostrando sempre di più i suoi effetti fallimentari: dopo tre anni nei quali le imprese hanno beneficiato degli incentivi fiscali ora, anche nella nostra regione, il 75% delle nuove assunzioni sono, di nuovo, tornate ad essere contratti precari e a tempo determinato.
Perché il problema non è il contratto a tempo indeterminato: il problema è creare lavoro, è dare nuovo impulso all’economia e da queste considerazioni, prima o poi, il nostro governo ma più in generale i governi di tutti i paesi dovranno trarre delle conseguenze sulle quali impostare la loro politica.
Così, in questo contesto, si muove l’azione del nostro governo, che si interseca, già da qualche mese, con la campagna elettorale sul referendum costituzionale dal quale sembra debba dipendere il destino dell’umanità. Il Governo da una parte sta portando all’attenzione dell’opinione pubblica svariati inviti da parte dei più illustri individui e istituzioni (si è espresso perfino Obama e Goldman Saschs) sulla necessità di votare SÌ per evitare una crisi che coinvolgerebbe tutti il sistema paese, MPS compreso che ormai è diventato come il prezzemolo, è rammentato dappertutto. Dall’altra parte, il Governo ha presentato una riforma delle pensioni e una legge di bilancio che contengono misure con cui, palesemente secondo me, si vuole ottenere il famoso voto di scambio: cara Italia, basta un SI, non possiamo perdere questa occasione.
Tra queste misure quella più assurda, secondo me, che impatta violentemente oltre che sui cittadini anche sulla nostra categoria: la chiusura di Equitalia, una richiesta portata avanti da sempre dal movimento 5 stelle, se non erro. In un paese come il nostro nel quale si registra un’evasione fiscale di più di 100 miliardi di euro (quante leggi di bilancio ci verrebbero fuori?) si pensa a chiudere Equitalia che opera sulla base di disposizioni di legge proprio per cercare di recuperare chi non paga le tasse, si pensa alla “rottamazione delle cartelle esattoriali” e si inserisce un articolo che prevede il passaggio dei dipendenti alla nuova agenzia “previo superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle competenze…” : un elemento quest’ultimo che, se confermato, sottopone a condizione ostativa l’applicazione dell’art. 2112 del Codice Civile (che disciplina il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda) e darà luogo a contestazioni pesanti. E i nostri colleghi di Equitalia hanno già proclamato lo stato di agitazione e lo sciopero nazionale per il prossimo 14 Novembre.
In merito al Referendum costituzionale, la CGIL ha espresso chiaramente la sua posizione e, nel pieno rispetto delle opinioni personali di ognuno, invita a votare NO e le motivazioni, in modo sintetico, sono riportate sul volantino che vi consegnamo.
Io mi sono fatto una mia idea personale sulle motivazioni che mi porteranno a votare NO e secondo me la più importante è che dietro a tutta questa manovra di modifica costituzionale che dovrebbe portare ad una riduzione di costi della politica, a un miglior funzionamento delle istituzioni c’è solo un elemento importante che andremo a perdere: la sovranità popolare che esprimiamo con il voto; il Senato esisterà uguale, in numeri ridotti e i membri saranno nominanti non si capisce ancora bene da chi è come.

Di sicuro non saranno eletti dal popolo.

Così come è successo per l’operazione di facciata dell’abolizione delle province: esistono ancora ma non sono più elette dai cittadini.
Non possiamo poi non notare il collegamento molto pericoloso con la legge elettorale che, introducendo il premio di maggioranza, potrebbe gettare un’ombra cupa sulla democrazia e sul ruolo reale delle opposizioni.
In tutta questa situazione il nostro settore è in grande difficoltà ma qui si vuole far sempre ricadere la colpa e gli eventuali rimedi sul tema del taglio dei costi e, in particolare del costo del lavoro, quando invece la causa vera della crisi delle banche in Italia è il tema delle sofferenze, solo in parte create dalla crisi economica.
Nel nostro paese il sistema bancario registra 200 miliardi di sofferenze e 150 miliardi di crediti incagliati che, probabilmente, diventeranno sofferenze.
Da tempo sosteniamo come FISAC che di fronte ad un problema di tale entità così come di fronte a una crisi economica senza precedenti, il Governo deve intervenire con forza con misure straordinarie e come dicevo anche prima investimenti pubblici. L’importo complessivo da destinare alla capitalizzazione delle banche italiane che ne avrebbero bisogno vale 1 punto di PIL ma, per il momento, abbiamo assistito ad interventi spot che hanno messo solo qualche toppa al problema. Nella nostra Regione poi abbiamo pagato il prezzo più alto e lasceremo poi a Paolo CECCHI la presentazione dei dati nel dettaglio, contenuti in un Report sulla situazione delle banche nella nostra regione che egli stesso ha curato per la FISAC Toscana e chi vi consegnamo oggi.
Velocemente un accenno ai casi più importanti, che certamente avrete sentito rammentare anche in televisione e sui giornali: MPS in testa (per la quale dirò due parole tra poco), UNICREDIT che ha dichiarato 8.000 esuberi, e che inizia a vendere i “gioielli di famiglia” per compensare le necessità di capitale di cui ha evidentemente bisogno. Poi Banca Etruria che a distanza di ormai troppo tempo dal famoso e declamato “salvataggio delle 4 banche” non riesce ancora a trovare una soluzione e acquirenti definitivi e quello che si prospetta è un numero di esuberi elevato, dovuto al ridimensionamento della nuova banca per la perdita di raccolta subita, un numero tale che probabilmente il fondo non riuscirebbe a coprire e quindi, di conseguenza, la paura per possibili licenziamenti.
Licenziamenti che sono stati annunciati anche da Banca Popolare di Vicenza, per bocca del suo presidente Mion, che dichiara l’esistenza di 1.500 esuberi “necessari” per raggiungere gli obiettivi di risparmio strutturale quando però la dirigenza e il CdA non attuano la stessa politica di risparmio applicata ai propri compensi.
E anche in questo caso i lavoratori hanno minacciato lo stato di agitazione e sono pronti alla mobilitazione che – se i licenziamenti fossero confermati – dovrà sicuramente coinvolgere tutta la categoria.
Criticità anche in Cassa di Risparmio di San Miniato, che sta contrattando le offerte per l’aumento di capitale e ha dichiarato esuberi (108 lavoratori “fortunatamente” già in età pensionabile o comunque coperte dal fondo) e chiusura di sportelli.
In Cassa di Risparmio di Volterra dopo un’estate di mobilitazione e trattativa si è arrivati alla firma del nuovo CIA con contestuale accordo di esodo volontario incentivato per la gestione di 40 esuberi a suo tempo dichiarati.
Concludiamo la carrellata con MPS i cui lavoratori stanno vivendo da anni il peso psicologicamente insostenibile di una situazione delicata, aggravata dal continuo diffondersi di notizie allarmistiche che alimentano ulteriormente la speculazione e rendono molto complicato il rapporto con i clienti.
La dimostrazione di questo contesto convulsivo si trova, per esempio, nell’andamento del titolo la scorsa settimana: nei cinque giorni che hanno preceduto la presentazione del piano industriale il titolo MPS guadagna più del 100% per poi perdere nuovamente quando il piano viene presentato.
Un piano industriale, tra l’altro, che i nostri organi di coordinamento stanno esaminando nei dettagli e che ci presenteranno nel direttivo che è già stato convocato per martedì prossimo.
Da quello che abbiamo potuto leggere dai giornali e dai comunicati aziendali, 2.900 esuberi (di cui 1.600 già previsti dal precedente piano industriale fino a fine 2.017) con 300 assunzioni e una generale riorganizzazione dei modelli di servizio che è tutta da vedere e capire.
È ancora più importante sarà capire quali saranno le soluzioni per l’aumento di capitale (sulla quale grava l’ipotesi della conversione delle obbligazioni subordinate, sembra al momento volontaria) e per la cessione dei 27 miliardi di crediti deteriorati.
Le lavoratrici e i lavoratori delle banche, di tutto il settore, la loro parte e i loro sacrifici li hanno fatti: in questi anni si sono inventati il loro ammortizzatore sociale, il fondo di solidarietà, hanno contribuito per finanziarlo con modalità strutturali e con interventi straordinari come le giornate di solidarietà e in questo modo sono stati accompagnati dolcemente alla pensione 48.000 lavoratori e altri 12.000 giovani sono stati assunti con il Fondo per l’Occupazione.
Ora tocca al Governo e alle aziende fare la loro parte, iniziando, per esempio a dare un segnale importante: definire, una volta per tutte, entro limiti di decenza i compensi spropositati dei top manager.
È ancora non volersi nascondere dietro a falsi problemi: troppo facile dire che ci sono troppi bancari per colpa delle innovazioni tecnologiche, perchè le operazioni oggi si fanno con i telefonini e con i tablet e non vedere i veri problemi del settore.
Solo se le aziende riusciranno a fare un ragionamento più compiuto su un nuovo modello di banca che vada incontro alle vere necessità del paese e delle economie dei territori e che, per altro, avevamo anche inserito nel nostro ultimo rinnovo contrattuale, solo così si potrà sperare di uscire da questo brutto periodo di crisi e riscoprire una nuova stagione di sviluppo e di benessere.

Stefano Caccia, segretario generale Fisac CGIL Livorno

Report sulla situazione delle banche in Toscana

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