Fiom e Uilm intervengono sul licenziamento alla Sider di Piombino

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Il curioso atteggiamento della SiderPiombino, nella vicenda del licenziamento del lavoratore impossibilitato a recarsi in trasferta in Eritrea a lavoro, (ricordiamo paese a rischio), ha un sapore orientale di altri tempi…”Colpirne uno per educarne cento!”
Non torneremo sulle ragioni esposte dall’avvocato del lavoratore licenziato totalmente condivisibili, che facciamo nostre;
Ne’ ci soffermeremo sulla sciocca rappresentazione del dott. Cappelli avvocato dell’Azienda, che pare scorrazzare liberamente in un paese a rischio, nell’augurio di non dovercelo ritrovare fra i tanti, talvolta sprovveduti, che nonostante le raccomandazioni anche della Farnesina, si recano in paesi dichiaratamente pericolosi, e dove successivamente purtroppo il nostro Paese e a costi della collettività, deve preoccuparsi delle ricerche del recupero talvolta al prezzo di pericolose operazioni di intelligence.
Semmai siamo preoccupati per il fatto che questo metterà in suggestione l’intero corpo del personale che dovrà scegliere se essere anch’esso licenziato oppure mettere a rischio la propria incolumità.
E ci perdoni il Sig. Pietrini ma la sua scelta di vita di trasferirsi con la famiglia, è sua e di nessun altro, non è moneta di garanzia alcuna!
Una scelta certamente libera, per altro non assunta sotto schiaffo del ricatto occupazionale!
Un atteggiamento questo che non ci pare appartenere ad un imprenditoria illuminata, come talvolta è stata dipinta, certo non definiremmo da “Uomo dell’Anno”
Ancora più curioso che Cappelli nell’argomentare gli sforzi dell’azienda nell’affrontare la crisi senza aiuti di Cassa Integrazione per non danneggiare i lavoratori, ometta che tutti i lavoratori vantano arretrati consistenti a vario titolo, e abbiano assecondato senza mai alzare un ciglio sui notevoli ritardi anche nel pagamento delle spettanze. Un segno evidente di un comune sentire nel avere tutela del proprio posto di lavoro e non certo di una sola parte.
Ci permettiamo di rammentargli sommessamente che la Cassa Integrazione non è una carità del Paese e non è a carico della collettività…
Infatti, le imprese versano nelle casse dell’INPS circa il 2% del monte salari lordo dei lavoratori (in altre parole: l’impresa versa i soldi all’INPS invece che nella busta paga del lavoratore), creandosi così esse stesse un fondo dal quale attingere in caso di bisogno. Il conguaglio tra imprenditore e Inps agisce su questo 2%.
C’è da dire che prima della crisi economica di questi anni il bilancio della cassa integrazione ordinaria era in forte attivo, visto che dal 2003 al 2007, a fronte di un versamento del 2% del monte salari, veniva poi usata mediamente una somma pari circa allo 0,5% del versamento.
La crisi ha cambiato le cose, ma il concetto resta immutato, La CIGO va pensata come una polizza sulle spese mediche: magari per vent’anni la pagate senza mai averne bisogno, ma poi per tre o quattro anni ne usufruite per una cifra maggiore al premio assicurativo annuale. Tutto sommato un sistema che funziona!
Quindi uno strumento e come per tutti gli strumenti, se ne deve fare un uso intelligente e non abusarne… Ma va usato quando necessario…
E l’idea che chiederla crei un danno alla propria immagine, se fosse questa la motivazione, è sciocco quanto quello di impoverire l’azienda non chiedendola se se ne ha necessità!

Segreterie FIOM CGIL – UILM UIL Provinciali

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